LINC, il primo passo verso il computer personale

Realizzato nel 1962, il LINC rappresenta il primo fondamentale passo nella filosofia costruttiva dei computer verso dei dispositivi concepiti per essere utilizzati da un singolo utente. L'elegante architettura del LINC, in controtendenza rispetto ai mainframe, ispirò una generazione di ingegneri a "pensare in piccolo", a spostare l'attenzione sulle esigenze dell'utente e sulla praticità d'uso piuttosto che sulla pura capacità elaborativa

Un computer LINC (1962) restaurato dal Digibarn Computer Museum

Questo articolo è tratto dal libro "NON È NATO IN UN GARAGE - La storia vera del personal computer".

La storia del LINC è poco nota ma rappresenta una tappa di fondamentale importanza nell'evoluzione del personal computer come lo conosciamo oggi.
Gli storici concordano nell'affermare che LINC (Laboratory INstrument Computer),  abbia rappresentato il primo fondamentale passo nella filosofia costruttiva dei computer verso dei dispositivi concepiti per essere utilizzati da un singolo utente.
Realizzato da Wesley Clark e Charles Molnar nel 1962, il LINC era un precursore dei minicomputer, quella tipologia di macchine che si contrapponeva alla filosofia dei mainframe, e che faranno la fortuna di aziende come la Digital Equipment Corporation.
Molti di quegli elementi introdotti dal LINC, che orientavano l’utilizzo della macchina verso l’individuo, sono ancora facilmente riconoscibili nei moderni computer. Per esempio, il LINC fu il primo piccolo computer programmabile a combinare una visualizzazione a schermo con la possibilità di modificare le immagini in real-time (attraverso delle manopole analogiche).
Inoltre, l’unità a nastro LincTape fu il primo esempio di dispositivo di memorizzazione abbastanza piccolo da risultare tascabile, al pari dei floppy e dei CD-ROM.
Questa modalità di utilizzo personale favorì l’adozione del computer in un ambiente in cui la rivoluzione informatica non aveva ancora attecchito: il tipico laboratorio di biologia dell’inizio degli anni ‘60.

A differenza dei matematici e dei fisici, i biologi erano riluttanti ad usare i computer digitali perché avevano bisogno di condurre esperimenti in tempo reale. Le alternative, poco praticabili, erano usare un mainframe connesso in time-sharing o snaturare la propria professione ridefinendo i problemi in termini strettamente matematici.
Piuttosto che trasformare i biologi in programmatori, Wesley Clark decise di adattare i computer alle loro specifiche necessità.

l’aspetto su cui concentrarsi doveva essere la praticità d’uso piuttosto che la mera potenza elaborativa

Dopo aver contribuito allo sviluppo del Whirlwind, il primo computer general-purpose progettato per essere usato in tempo reale, si convinse sempre di più che affidare un sistema così potente nelle mani di tecnici non specializzati, consisteva essenzialmente in un problema di architettura.
Mentre lavorava con Ken Olsen (il futuro fondatore della DEC) al Memory Test Computer del Lincoln Lab, Clark iniziò una lunga collaborazione con Belmont Farley, un pioniere nel campo delle reti neuronali, e trascorse molto tempo nel tentativo di piegare quel computer a funzionare nel modo più adatto a condurre le simulazioni di cui il suo collega scienziato aveva bisogno.

In sostanza Clark concluse che i computer potevano essere usati molto più convenientemente se non trattati come semidei, ma come semplici strumenti; l’aspetto su cui concentrarsi doveva essere la praticità d’uso piuttosto che la mera potenza elaborativa.
Clark prese coscienza della frustrazione provata dagli scienziati che volevano
applicare la tecnologia informatica alla studio degli esseri viventi.
L’esigenza di interfacciare i computer con strumenti scientifici, lo convinse inoltre della necessità di una macchina che potesse gestire sia i segnali digitali che analogici.
All'inizio degli anni ‘60, Clark si era conquistato la riputazione di brillate ingegnere all'interno del Lincoln Lab. Ma a differenza dei suoi colleghi che stavano concentrando le loro energie per sviluppare computer sempre più potenti che potessero supportare un gran numero di utenti, Clark decise di andare controcorrente e progettare un sistema destinato all'uso esclusivo di un utente, un computer che potesse soddisfare specifiche necessità.

La critica che gli veniva più spesso rivolta, era che un computer sufficientemente potente per elaborare i dati in tempo reale, sarebbe stato comunque troppo grande e troppo complicato da usare per un utente non specializzato.
Il Lincoln Test-Experimental Computer Model 0 (TX-0), rappresentò il primo tentativo di Clark di fornire agli scienziati un piccolo computer general-purpose. Sebbene il TX-0 fosse compatto e potente, la sua integrazione all'interno di un laboratorio risultò difficoltosa: il dispositivo "era ancora troppo simile a un computer e non abbastanza flessibile come strumento".

Linc: Lincoln Lab Computer

Il lavoro di Clark si concentrò nel riadattare la tecnologia esistente in una forma che avrebbe permesso ai biologi di utilizzare la macchina in tempo reale. Nel Luglio del 1961, svelò il progetto del Linc (il nome derivava inizialmente dal Lincoln Lab in cui era stato sviluppato), un computer con architettura a 12-bit e 2K di memoria.
Il design generale e le sue singole componenti riflettevano l’intento di Clark di fornire agli scienziati uno strumento alla stregua di quelli che usavano comunemente nei laboratori, come microscopi e centrifughe.
Secondo Clark era necessario soddisfare alcune condizioni basilari che andavano nella direzione opposta all'idea dominante di computer centralizzato.

  • Il Linc doveva essere abbastanza piccolo affinché un ricercatore
    potesse gestirne autonomamente tutte le funzionalità, la programmazione
    e la manutenzione.
  • Doveva essere facile da far funzionare, con una console posta sul piano di lavoro all'interno del laboratorio, che avrebbe permesso il controllo diretto della macchina.
  • Inoltre, doveva essere abbastanza veloce da fornire un’immediata rappresentazione a video dei risultati degli esperimenti che si stavano svolgendo, ma anche in grado di compiere elaborazioni più complesse in modalità differita.
  • La macchina avrebbe dovuto connettersi facilmente ad altre apparecchiature da laboratorio, sia digitali che analogiche, e accettare in ingresso ogni tipo di segnale.
  • Infine, il Linc sarebbe dovuto risultare accessibile anche ai ricercatori che avevano poca familiarità con l’informatica.

Clark sperava di poter contenere il costo della macchina al di sotto dei $25.000, che era solitamente la cifra più elevata che un responsabile di laboratorio poteva spendere senza chiedere autorizzazioni a livello più alto.
Charles Molnar, un giovane ingegnere del Lincoln Lab, lavorando secondo le specifiche iniziali di Clark, riuscì a realizzare un prototipo nel giro di qualche mese. Tutte le condizioni sembravano soddisfatte, ad eccezione del costo.
Il prodotto finale sarebbe venuto a costare circa il doppio di quanto preventivato.

1962, Wes Clark mostra il funzionamento del LINC (fonte: Lincoln Labs)

Il Linc consisteva fisicamente di quattro moduli separati: una console, un display, un’unità di memorizzazione magnetica e un terminale. Ogni modulo, attraverso un cavo lungo una decina di metri, era connesso ad un armadietto che conteneva l’elettronica e l’alimentatore.
I moduli potevano essere disposti in ogni configurazione, nei limiti della lunghezza del cavo, e anche montati in rack standard da 19”. Grazie al display da 256x256 pixel e alla console dotata di tastiera, l’utente poteva scrivere ed editare programmi, organizzare i dati e generare risultati, senza lasciare la stanza.
Fra gli altri controlli, c’erano delle manopole per regolare manualmente i parametri dei programmi e i segnali analogici in ingresso.
La macchina era dotata anche di un piccolo speaker che svolgeva una funzione molta apprezzata dagli utenti: permetteva infatti di “ascoltare” se il programma stava funzionando come ci si aspettava o se aveva generato un loop.

Nel video che segue possiamo assistere ad una stupefacente dimostrazione del LINC, un esemplare restaurato dal Digibarn Computer Museum, a cui partecipano anche Wes Clark e altri protagonisti del team originale.

LincTape

Nel realizzare il Linc, Clark e Molnar fecero affidamento quasi del tutto su componenti standard, al fine di avere una macchina affidabile e poco costosa da produrre; tanto che Molnar si spinse a dichiarare come, dal punto di vista tecnologico, il Linc non fosse nulla di speciale.
In verità, l’unico nuovo hardware progettato esclusivamente per il Linc, la sua unità a nastro magnetico, ebbe un’enorme influenza.

Il LincTape, come fu denominato, era progettato per essere un supporto molto affidabile e duraturo; un grosso passo avanti rispetto ai nastri di carta perforata, con in più il vantaggio di essere facilmente rimovibile.
Le origini del LincTape risalgono al sistema a nastro sviluppato qualche anno prima da Tom Stockebrand per il computer TX-2 del Lincoln Lab, da cui riprese alcune caratteristiche come la ridondanza dei dati su tracce parallele e il fatto di suddividere logicamente il nastro in blocchi indipendenti, ma in un fattore di
forma notevolmente più piccolo, con il nastro da ¾ di pollice avvolto in bobine da 10cm, praticamente tascabili.

Dal punto di vista tecnologico, il LINC non era nulla di speciale

A differenza di altri nastri magnetici su cui le informazioni venivano lette e scritte in modo sequenziale, rendendo quindi impossibile sovrascrivere le informazioni in un punto senza compromettere gli altri contenuti, il LincTape era utilizzato in modo molto simile ai futuri floppy disk.
Il LincTape era formattato in blocchi di lunghezza fissa su cui, analogamente ai settori di un floppy disk, si poteva accedere attraverso l’uso di un file system. Chiaramente, rispetto ai floppy, il tempo di accesso ai dati era più elevato poiché il nastro doveva scorrere fino alla porzione interessata. Il nastro era
formattato in 1474 blocchi, ognuno dei quali poteva ospitare 128 parole da 12-bit, per una capacità totale di 184K, poteva essere letto in entrambe le direzioni ed impiegava circa 30 secondi per scorrere completamente.

Computer Operations Inc. Linc Tape II Drive, un clone del lettore di nastro prodotto da DEC nella seconda metà degli anni '70

La testina leggeva contemporaneamente 10 tracce, di cui 3 erano usate per i dati e 2 per la sincronizzazione; le altre 5 tracce erano copie ridondanti che riducevano notevolmente la possibilità di errori. Il supporto era molto affidabile poiché per accedere ai dati era sufficiente che fosse leggibile una sola delle tracce ridondanti.
Il LincTape non era un componente opzionale, era parte integrante del Linc. Secondo le specifiche di Clark, esistevano istruzioni dedicate nel linguaggio macchina per leggere e scrivere i dati.

Il Linc Assembly Program (LAP) serviva sia da basilare sistema operativo
che da linguaggio di programmazione. Per la sua epoca, il LAP poteva quasi essere considerato user-friendly e il suo manuale, ‘Programming
the LINC’, fu uno dei primi ad essere scritto con lo scopo di guidare
l’utente neofita all'uso della macchina.

LINC: Laboratory INstrument Computer

Dopo una dimostrazione al National Institutes of Health (NIH, l’Istituto Nazionale della Salute) che riscosse grande apprezzamento, il Linc sembrava avviato al successo. Nel 1962, i responsabili dell’istituto ne commissionarono una dozzina per avviare un programma di sperimentazione. Ma i vertici del Lincoln Lab si opposero con forza alla messa in produzione del Linc. Pensavano che quel dispositivo orientato ai biologi avrebbe causato una serie
di insormontabili problemi finanziari e amministrativi all'interno di una struttura come il Lincoln Lab, finanziata dal governo solo per scopi che avevano come finalità la difesa militare.

Messo di fronte alla scelta di dover abbandonare il progetto del Linc o il Lincoln Lab, Clark decise di rinunciare al suo incarico e cambiò il nome del Linc con l’acronimo LINC (Laboratory INstrument Computer).
Quasi tutti i componenti del team di sviluppo originale decisero di seguire le sorti di quel computer. Come ricorda Severo Ornstein: “Avevamo messo così tanta dedizione alla progettazione di quella macchina che ormai la sentivamo nostra e non l’avremmo abbandonata per nessun motivo al mondo.”

Dopo qualche mese in cerca di un supporto istituzionale, Clark e il suo team trovarono asilo presso il Center for Computer Technology and Research, dove
iniziarono ad assemblare le macchine commissionate dal NIH.
Poiché lo sviluppo del LINC era stato portato avanti all'interno del Lincoln Lab, una struttura finanziata con i soldi dello stato, le specifiche della macchina erano da considerarsi di pubblico dominio.
Alcuni laboratori biomedici provarono ad assemblare il LINC autonomamente, mentre aziende come DEC e Spear ne proposero alcune versioni commerciali.

DEC pubblicizza la propria implementazione del LINC (1964)

In particolare, la DEC, che aveva fornito parte della componentistica per i primi prototipi, nel 1964 presentò una versione “classica” del LINC, che era un vero e proprio clone della macchina di Clark.
Successivamente fu introdotta una versione denominata LINC-8, una macchina a 12-bit ibrida PDP-8/LINC.
Infine la DEC presentò il PDP-12 (originariamente chiamato LINC-8/I) un computer general-purpose che emulava le funzioni principali del LINC originale ma che forniva molta più potenza.

Il LINC Classic, venduto dalla DEC a $43.600, fu realizzato in soli 21 esemplari. Rimase ufficialmente in produzione fino al 1969 ma considerando i LINC-8, i PDP-12 e altre varianti, verso la metà degli anni ‘70 si contavano circa 1200 LINC in uso nei laboratori di tutto il mondo.
Sebbene il LINC non si diffuse oltre i confini del laboratorio biomedico per cui era stato concepito, la sua elegante architettura, in controtendenza rispetto ai mainframe, ispirò una generazione di ingegneri a "pensare in piccolo".

DECTape

Il LINCtape fu adottato dalla DEC e riproposto in versione quasi identica con il nome di DECtape come supporto di memorizzazione per i suoi computer. La DEC pubblicizzò la disponibilità di questa nuova periferica nella primavera del 1963 per le sue macchine a 18bit, PDP-1 e PDP-4.
Verso la fi ne dell’anno aggiunse il supporto anche al PDP-5 a 12 bit e al PDP-6 a 36 bit. In seguito il DECtape divenne una periferica standard per tutti i computer prodotti dall'azienda; in base alla lunghezza della parola, variava la formattazione e la quantità di dati che potevano essere ospitati sul nastro.

Nastro magnetico DECtape, direttamente derivato dal LINCtape, largamente adottato come supporto di memorizzazione dai computer prodotti dalla Digital Equipment Corporation dal 1963, fino all'introduzione del DECtape II nel 1978

Oltre alla ridondanza dei dati, un’altra ragione della proverbiale affidabilità del supporto era l’uso di un nastro laminato: la superficie magnetica era racchiusa tra due strati di mylar (una sottile pellicola di poliestere). Questo permetteva al nastro di resistere a migliaia di passaggi senza compromettere l’ossido magnetico che conteneva le informazioni, nonostante l’intensa attività di swap file richiesta dai sistemi time-sharing.

Come ricorda il co-fondatore della Microsoft , Paul Allen:
"Seppur con tutti i limiti del suo driver a motore e a bobine, il DECtape era più veloce del nastro perforato e molto più resistente. Nelle dimostrazioni, i venditori della DEC praticavano nel nastro un foro da mezzo centimetro con un giravite, per poi mostrare che i dati erano ancora perfettamente leggibili. L’aspetto migliore era la struttura a directory che permetteva di immagazzinare sei programmi o più su un unico nastro, recuperarli con una ricerca per nome, modificarli o sovrascriverli, senza compromettere l’integrità degli altri blocchi di dati.
I DECtape furono il primo articolo di tecnologia informatica di mia proprietà. Chiunque iniziasse a programmare voleva procurarsene di più, erano uno status symbol. Quelle bobine mi davano l’impressione che il mio lavoro fosse meno effimero, più consistente, come se avesse un valore reale e duraturo.”

Nel 1978 la DEC introdusse il DECtape II, con una simile struttura a blocchi ma in un formato molto più piccolo, paragonabile a una audiocassetta. Grazie al basso costo e all'interfaccia seriale RS232 di cui era dotato il lettore, trovò vasta applicazione nei sistemi prodotti dall'azienda in quel periodo.