1976: presentazione dell'Apple I

L'Apple I venne messo in vendita al Byte Shop di Paul Terrell per $666,66

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Steve Wozniak e Steve Jobscon la scheda dell'Apple I (1976)

Dopo la fondazione dell'azienda, Steve Wozniak continua a raccontare come venne commercializzato l'Apple I.

Qualche settimana dopo quella riunione, la scheda dell’Apple I era finita e funzionante. Ne ero molto orgoglioso. Ero all’HP e la stavo mostrando ad alcuni ingegneri quando squillò il telefono sul tavolo del laboratorio. Era Steve.
Sei seduto?
No”, gli dissi.
Beh, sai una cosa? Ho un ordine da $50.000
Cosa?
Steve mi spiegò che il proprietario di un negozio di computer della zona che ci aveva conosciuto all’Homebrew Club, voleva acquistare un centinaio dei nostri computer, completamente assemblati, per $500 l’uno. Ne rimasi scioccato, completamente scioccato.
Cinquantamila dollari erano più del doppio del mio salario annuale. Non me lo sarei mai aspettato. Quello fu il primo e il più stupefacente successo per l’azienda Apple. Non dimenticherò mai quel momento. In ogni caso, decisi di renderne consapevole l’HP una volta di più.
Parlai di nuovo con Pete. Lui mi disse di passare dall’ufficio legale. Ce n’è uno in ogni divisione di HP. Quel procedimento durò circa due settimane. Alla fine HP ribadì nuovamente di non essere interessata al mio progetto e io ricevetti una nota scritta in cui veniva dichiarato che HP non accampava alcun diritto su di esso.

Appresi che un uomo di nome Paul Terrell stava aprendo un nuovo negozio di computer, chiamato Byte Shop, a Mountain View. Come ho detto, Terrel aveva visto una dimostrazione del mio computer all’Homebrew, e aveva detto a Steve di “mantenersi in contatto”, e Steve non si fece pregare. Il giorno successivo si presentò scalzo nel suo ufficio, dicendo: “Salve. Mi sto mantenendo in contatto”.

Il negozio di computer Byte Shop di Paul Terrell
Il negozio di computer "Byte Shop" (© Paul Terrel 1976)

Steve non sapeva che Paul stava cercando un prodotto proprio come il nostro. Terrel voleva vendere ai propri clienti un computer già pronto, completamente assemblato. Una cosa del genere non era mai stata fatta prima. Prima di contattarci, Paul già vendeva l’Altair ed altri computer simili in kit, ed aveva dei tecnici nel retrobottega che saldavano i vari componenti. Una volta che il computer era pronto, lui lo metteva in vendita.

Pensava però che l’interesse per quel genere di prodotto stava aumentando e che i suoi potenziali clienti sarebbero cresciuti notevolmente. Steve gli descrisse l’Apple I che avevo progettato e Paul capì che si trattava di una scheda completamente assemblata, proprio ciò che voleva. Così, improvvisamente, grazie all’ordine di Terrel, mi resi conto che c’era qualcun altro realmente interessato all’Apple I. Tutto accadde in modo così inaspettato ed eccitante, ed era stato semplice.

Avevamo già trovato una piccola fabbrica giù a Santa Clara che ci avrebbe prodotto le schede in serie. Ora, tutto ciò che dovevamo fare era fornirgli il resto dei componenti da saldarci sopra. Ma come ci procurammo tutto quel materiale? Non avevamo i soldi per comprarlo.
Allen Baum e suo padre, Elmer, ci fecero un prestito di $1.200 per acquistarne una parte. Poi finimmo per trovare un rivenditore di chip (Cramer Electronics) dal quale riuscimmo ad ottenere tutti i componenti che ci servivano con un credito a trenta giorni.
Il rivenditore chiamò Paul Terrell per sincerarsi che avesse veramente effettuato l’ordine. Secondo gli accordi presi con Steve, ci avrebbe pagati in contanti alla consegna dei computer. Così Paul Terrell può essere considerato il vero finanziatore di tutta l’impresa. Appena lui ci pagava, saremmo stati in grado di pagare a nostra volta i chip.

Cramer Electronics ci fornì i componenti che furono spediti in una cassa sigillata alla fabbrica di Santa Clara che avrebbe prodotto le schede. Il giorno in cui sarebbero state pronte le schede, i componenti necessari erano presi da quella cassa, saldati e messi in conto, a quel punto avevamo trenta giorni di tempo per pagarli. Il nostro primo lotto di schede fu terminato nel gennaio del 1976.
In giro c’erano dei kit come l’Altair, ma niente di paragonabile a quello che stavamo facendo noi. Mi ricordo che durante quell’attesa, ero la persona più felice del mondo. Non avevo mai pensato che avremmo potuto far soldi con la Apple. Questo pensiero non mi sfiorava nemmeno. L’unica cosa che avevo in mente era, caspita, ho scoperto quello che è possibile fare con un microprocessore, potrei usarlo per un sacco di cose. Sapevo che per il resto della mia vita mi sarei divertito con i computer.

Le potenzialità dell’Apple I alimentavano tutte le idee che mi rimbalzavano in testa. Per esempio, io ero un appassionato di videogame, e all’improvviso mi resi conto che il mio piccolo computer poteva essere usato anche per i giochi. Immaginavo che un giorno i software di wordprocessing avrebbero sostituito le macchine da scrivere. Ero veloce a digitare e sapevo che ancora nessuno avrebbe mai pensato di usare il computer al posto di una macchina da scrivere, ma potevo immaginarlo e sapevo che prima o poi sarebbe successo. Pensavo a come un computer avrebbe potuto aiutarmi nel mio lavoro all’HP. Ero completamente assorto da queste idee. Ogni singola cosa che mi veniva in mente sembrava degna di considerazione. Avevo una visione chiara. Non pensavo altro che a questo.

Dopo che le schede furono completate, reclutammo l’amico di Steve, Dan Kottke, e la sorella di Steve, Patty, per montare il resto dei chip, pagandoli un dollaro a scheda. Steve ci portava dalla fabbrica dieci o dodici schede alla volta. Avevamo allestito una postazione di lavoro nel garage dei genitori di Steve al 11161 di Crist Avenue.
Ecco come appare oggi il famoso garage:

Ad ogni scheda completamente assemblata collegavo la tastiera e la TV che avevamo lì ed effettuavo i test per vedere se funzionava. Se funzionava la mettevo in una scatola. Se non funzionava cercavo di capire se c’era qualche chip non inserito correttamente o qualche circuito non chiuso. Aggiustavo quelle difettose e le mettevo nella scatola. Dopo averne preparate una dozzina o due, Steve le portava al negozio di Paul Terrell che le pagava in contanti.

Questi non erano dei computer completi come uno potrebbe immaginarli oggi. Paul Terrel doveva fornire anche i monitor, gli alimentatori, le tastiere e anche i case per alloggiare la scheda. Non sono sicuro che fosse ciò che si aspettava. Suppongo che, basandosi su quanto Steve gli aveva detto, lui si aspettasse di ricevere un computer completamente assemblato. A quel tempo non avevamo i volumi necessari per giustificare la produzione di un case in plastica, così Paul metteva le schede dentro scatole di legno — solitamente di un legno polinesiano chiamato koa — che a noi sembrava avesse un bell’aspetto. Dovevamo anche fissare un prezzo per il nostro listino, dopo tutto non avevamo intenzione di vendere il nostro prodotto in esclusiva solo a Paul.

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Questa foto è diventata iconica ma il case in legno dell'Apple I è solo una delle tante implementazioni custom

Decidemmo di vendere il nostro computer a $666,66 — proposi io quel prezzo perchè mi piacevano le cifre ripetute. (Che corrispondeva a $500 più un ricarico del 30%) E cosa successe? Steve iniziò a ricevere lettere sul fatto che quel numero aveva riferimenti satanici, nessuno di noi ne aveva mai sentito parlare. Cosa? Il numero di Satana? Sinceramente, non ne avevo idea, non avevo visto il film “L’esorcista”. E poi per me l’Apple I non aveva niente a che vedere col diavolo...

Dopo che iniziammo a vendere le schede a Paul Terrell — lavorando giorno e notte per consegnarle in tempo — cominciarono a vedersi quei profitti che mai avrei immaginato. Improvvisamente la nostra piccola attività stava portando più soldi di quanti ne guadagnassi all’HP. Non erano molti a dire il vero. Ma non era un fatto trascurabile. Le schede completamente assemblate ci venivano a costare $220 e le vendevamo a Paul Terrel per $500. Di certo non avevamo bisogno di grossi fondi per operare in questo modo. Io conservavo anche il mio ordinario lavoro, così per me quelle erano tutte entrate extra. Soldi per la pizza! Lo stesso valeva per Steve, lui viveva a casa dei genitori. All’epoca avevo venticinque anni e lui ventuno, quali spese potevamo avere? Apple non doveva generare poi così tanti soldi per sostenersi ed andare avanti.

Dopo tutto non ci dovevamo auto-stipendiare e non avevamo affitti da pagare o altre spese burocratiche. Era un’attività che svolgevamo nel tempo libero e avevamo poco di cui preoccuparci. Mio padre, notando questo, disse che se continuavamo così non avremmo mai fatto un soldo. Ma a noi non importava, ci stavamo comunque divertendo un sacco. Dopo aver consegnato tutte le schede che ci aveva commissionato Paul Terrell, Steve prese accordi affinchè io presentassi l’Apple I durante una riunione all’Homebrew nel marzo del 1976. Avevo già mostrato il mio computer nei mesi precedenti al termine delle riunioni, ma non lo avevo mai presentato ufficialmente a tutto il gruppo e, di certo, non avevo mai a parlato di fronte ad un pubblico così folto. Non ero mai stato sotto i riflettori come quel giorno. Il gruppo dell’Homebrew era cresciuto fino a più di cinquecento persone. Gli incontri si tenevano all’auditorium dello Stanford Linear Accelerator Center (SLAC).

Ero così emozionato mentre mi accingevo a salire sul palco, con il circuito stampato fra le mani. Quella fu la prima delle sole due occasioni che mi videro parlare di fronte a tutto il gruppo dell’Homebrew. (L’altra fu quando presentai l’Apple II.) Sapevo che molte persone del club mi avevano già visto armeggiare con il mio prototipo. Lì in piedi davanti a tutti, iniziai a descrivere le funzioni dei vari chip sulla scheda — cosa facevano e come — e parlai delle specifiche e dell’architettura. Raccontai come l’avevo costruito e sottolineai l’aspetto per me più importante: il fatto di avvalersi di una tastiera invece di uno stupido, criptico pannello frontale pieno di led e interruttori. Spiegai che avevo usato RAM dinamica al posto di quella statica, e le motivazioni di questa scelta. Dissi poi che sulla mia scheda c’erano ben 8Kb di RAM rispetto ai soli 256 bytes instalati sull’Altair.

Feci l’esempio del programmino in BASIC che faceva volteggiare il tuo nome sullo schermo appena lo inserivi. Descrissi il circuito video, i connettori, il voltaggio richiesto, ogni cosa. E infine ne annunciai il prezzo — $666.66. Non so dire se sia stato un successo o meno. Dovreste chiedere a qualcuno dei presenti che mi ascoltarono. D’altra parte, a quel tempo parecchi membri dell’Homebrew stavano già lavorando nella loro piccola azienda di computer o stavano per fondarne una. Così forse l’Apple I poteva non averli impressionati più di tanto. Ma io ci vedevo qualcosa di speciale. E anche Steve. Ne eravamo orgogliosi. Stavamo partecipando alla più grande rivoluzione mai avvenuta, ne ero felice. Non pensavo a far soldi, mi divertivo. Ron Wayne, il terzo socio, non si stava divertendo troppo, presumo. Lui era abituato alle grandi aziende e agli alti stipendi. Liquidammo la sua quota per $800 subito dopo aver consegnato le prime schede a Paul Terrell e ben prima di fare i nostri primi investimenti.



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