Storia del Commodore 64 e la Home Computer War
Nel 1982 il mercato degli Home Computer è in pieno fermento e Commodore vuole conquistarne la leadership con una versione potenziata del VIC-20. Quali erano i protagonisti della Home Computer War? Il Commodore 64 andava a competere con i computer Atari 400/800 e il Texas Instruments TI-99/4A
Il 1982 fu un anno di grandi cambiamenti per l'industria dei computer e dei videogiochi. Il settore business era dominato dal nuovo PC IBM e dall'Apple II Plus, mentre l'utenza domestica era alla ricerca di un prodotto che potesse illuminare la via.
L'Atari VCS e le altre console da gioco sembravano ormai destinate a cedere il passo agli home computer che, oltre ai videogiochi, permettevano l'utilizzo di infinite altre applicazioni. Il successo del VIC-20 sembrava confermare questa tesi, ma l'economico 8-bit di Commodore era troppo limitato.
I concorrenti del Commodore 64
Della trinità del 1977, l'Apple II fu di gran lunga il computer più longevo ma a distanza di cinque anni le sue capacità grafiche non apparivano più così impressionanti. Tandy Radio-Shack arrancava in confusione.
Fra i contendenti più accreditati c'erano i gli Atari 400/800: sebbene questa linea di computer fosse già sul mercato dal 1979 e Atari non si sforzò più di tanto nel promuoverla mentre le vendite del VCS andavano a gonfie vele, aveva delle avanzate caratteristiche tecniche che ne facevano una piattaforma ideale i videogiochi. Ma il modello di fascia bassa, l'Atari 400, aveva una tastiera a membrana che lo rendeva quasi inutilizzabile, mentre il modello Atari 800 era ancora abbastanza costoso.
TI-99/4A, il rivale diretto
Nel 1980 il gigante Texas Instruments scese in campo con il suo microcomputer TI-99/4, suscitando grandi aspettative. Basato su una CPU con design proprietario, fu la prima macchina a 16-bit destinata al mercato consumer. L'anno successivo Texas Instruments presentò una versione migliorata, denominata TI-99/4A, con supporto agli sprite e capacità grafiche che rivaleggiavano con gli Atari 400 e 800.
Con un prezzo di listino di $525, il TI-99/4A riuscì a tenere testa al più economico VIC-20, vendendo circa 2,5 milioni di unità e verso la fine del 1982, al suo picco, conquistò una quota di mercato pari al 35%.
Fu in questo scenario che fece il suo debutto il Commodore 64. Spostando l'attenzione oltreoceano, il BBC Micro e il Sinclair ZX Spectrum non erano considerati dei concorrenti diretti, in quanto confinati nel mercato inglese.
Il dualismo degli anni successivi fra Commodore 64 e ZX Spectrum fu un fenomeno tutto europeo e non ebbe influenza sulle strategie commerciali di Commodore.
Il progetto del Commodore 64
La storia del Commodore 64 inizia nel gennaio del 1981, alla MOS Technologies, l'azienda di semiconduttori sussidiaria di Commodore, dove gli ingegneri stavano iniziando lo sviluppo della successiva generazione di chip.
Per anni Jack Tramiel aveva perseguito l'obiettivo di realizzare un "Apple-killer", un computer che avesse potuto insidiare l'Apple II.
Il piano originale prevedeva lo sviluppo di una nuova cpu a 16-bit per rimpiazzare il 6502 ma Jack Tramiel non si mostrò interessato a un progetto di lungo termine, costoso e complicato, allungando la lista delle tante scelte sbagliate del managment di Commodore.
Commodore 64, un computer pensato per i videogiochi
Gli ingegneri ripiegarono su un progetto molto meno ambizioso: una versione migliorata dei chip grafico e sonoro che equipaggiavano il VIC-20. Al Charpentier si occupò del chip dedicato alla grafica, denominato VIC-II, come successore del chip VIC (Video Interface Chip) a cui il VIC-20 deve il suo nome. Bob Yannes avrebbe invece realizzato il chip dedicato al sonoro, Sound Interface Device (SID).
L'obiettivo era di fare meglio sotto tutti gli aspetti, o almeno pareggiare le caratteristiche delle macchine già presenti sul mercato. Per quanto riguarda le caratteristiche grafiche, furono presi come riferimento i nuovi standard imposti dai computer Atari 400/800, dalla console Mattel Intellivision e dall'appena annunciato TI-99/4A.
Come queste macchine, il chip VIC-II doveva avere la gestione degli sprite. Charpentier dedicò molta attenzione a questo aspetto, prevedendo fino a otto sprite contemporaneamente a schermo, anche composti da più colori. I fondali supportavano varie modalità grafiche, basate su caratteri o in bitmap (matrici di pixel), con palette fino a 16 colori e risoluzione fino a 320x200 pixel.
Se il VIC-II rappresentava una straordinaria evoluzione, il chip SID era una vera e propria rivoluzione nel mondo dei personal computer e dei videogame: il circuito integrato conteneva un vero e proprio sintetizzatore che era in grado di gestire tre voci indipendenti.
Verso la fine del 1981 i due chip erano pronti e con l'approvazione di Tramiel si decise di utilizzarli per il successore del VIC-20, ribattezzato con poca fantasia VIC-40. Nel frattempo gli ingegneri della MOS avevano presentato un'altra innovazione, una versione del microprocessore 6502, chiamata 6510, che permetteva ad un computer a 8-bit di indirizzare più dei fatidici 48Kb di RAM, grazie alla tecnica del "bank switching".
Jack Tramiel non comprendeva a fondo gli aspetti tecnologici ma pensava che una macchina equipaggiata con 64Kb di RAM avrebbe avuto un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti, specialmente se venduta a un prezzo contenuto, sotto i $600.
Presentazione del Commodore 64 al CES 1982
Il prototipo di VIC-40 assemblato in fretta e furia per il Winter CES del gennaio 1982 suscitò grande clamore fra il pubblico ma anche lo scetticismo della stampa specializzata che era abituata a non prendere troppo sul serio gli annunci della Commodore, da quando il PET fu il primo computer della trinità del 1977 ad essere annunciato e l'ultimo ad essere rilasciato.
Tuttavia, quando una nuova versione di quel prototipo, rifinita e ribattezzata "Commodore 64", venne mostrata all'edizione estiva del CES, confermando le specifiche e un prezzo inferiore ai $600, tutti mostrarono maggiore attenzione.
I punti deboli: BASIC 2.0 e floppy drive
La nuova macchina era praticamente indistinguibile da un VIC-20 nell'aspetto poichè Commodore non volle investire tempo e denaro in un nuovo case. Se le caratteristiche tecniche erano di tutto rispetto, lo stesso non si può dire del BASIC 2.0 ospitato nella ROM, una versione antiquata, la stessa che Tramiel comprò dalla Microsoft di Bill Gates per il primo PET del 1977 a soli $10.000. Successivamente Commodore usò una versione migliore, il BASIC 4.0, sui PET più recenti, ma questa richiedeva una ROM da 16Kb e Tramiel preferì mantenere la più economica ROM da 8Kb.
Il BASIC del Commodore 64 non solo era primitivo, mancavano proprio i comandi per sfruttare le potenzialità grafiche e sonore del computer. Questo fu uno dei motivi che accelerò ulteriormente la transizione all'assembler da parte dei programmatori.
Un altro punto debole, in parte dovuto al taglio dei costi e alla retrocompatibilità con il VIC-20, fu il floppy drive che, ancora più del BASIC, rappresentò un vero collo di bottiglia. Interfacciare il floppy con il BASIC 2.0, scritto prima dell'esistenza di questo tipo di periferiche, risultò molto macchinoso e le prestazioni in lettura e scrittura erano di un ordine di grandezza inferiori rispetto a quelle ottenibili dal Disk system dell'Apple II realizzato da Steve Wozniak. L'approccio di Commodore aveva però anche qualche vantaggio: il floppy drive era un dispositivo complesso equipaggiato anch'esso con una cpu 6502 e 2Kb di ROM: non era necessario un sistema operativo per gestire le sue funzionalità e ciò faceva risparmiare memoria. Inoltre, una caratteristica specialmente apprezzata nei videogiochi, era quella di poter gestire il sonoro e sequenze grafiche animate durante i caricamenti, mentre in altri computer la cpu era troppo impegnata a pilotare il floppy nel trasferimento dei dati.
Specialmente durante il primo anno di commercializzazione, il Commodore 64 patì qualche problema di affidabilità poichè Tramiel aveva risparmiato anche sul controllo qualità della catena produttiva. Il floppy drive, in particolare, risultò il componente maggiormente soggetto a malfunzionamenti. Questi problemi, sommati alla versione del BASIC antiquata e la mancanza di una modalità testo a 80 colonne, essenziale per un word processor e altri software orientati al business, furono determinanti affinchè il Commodore 64 potesse essere considerato una seria alternativa all'Apple II e al PC IBM.
Il Commodore 64 è perfetto come home computer
Commodore non sembrava preoccupata da questi punti di debolezza poichè non erano determinanti per l'utenza domestica. Non era una macchina perfetta in senso assoluto ma lo era in quel particolare momento storico. Aveva tutto ciò che la gente chiedeva. Grazie alle sue caratteristiche tecniche, per un periodo di pochi anni, divenne la piattaforma hardware di riferimento per lo sviluppo di videogiochi, almeno negli Stati Uniti.
Quando Commodore iniziò a produrre il suo home computer che aveva tutte le carte in regola per imporsi a livello mondiale, Jack Tramiel iniziò a pensare alla strategia di commercializzazione. Fortunatamente poteva ancora contare su Kit Spencer, il manager che aveva contribuito in modo significativo al successo del PET e del VIC-20. L'idea di ingaggiare nuovamente l'attore William Shatner, al top della sua popolarità, era un'opzione troppo costosa.
Spencer decise di promuovere una campagna pubblicitaria che mettesse in luce due numeri importanti: 64kb di RAM e il prezzo inferiore a $600.
Per il Natale del 1982 venne realizzato uno spot asettico, non elegante come quelli di Apple ma efficace, che martellava solo su questi due aspetti e sorprendentemente non faceva menzione delle superiori capacità grafiche e sonore che rendevano unico quel computer.
Commodore si confrontava direttamente con Apple e IBM ma divenne presto chiaro che il vero obiettivo era conquistare la fascia bassa del mercato, o per meglio dire, il settore degli "home computer". Commodore poteva competere con due prodotti: il VIC-20 come modello d'ingresso e il Commodore 64 nella fascia di prezzo più alta.
Nello stesso periodo Atari aveva rilasciato la sua nuova console 5200, basata sullo stesso chipset ma incompatibile con i computer Atari 400/800... il CEO Ray Kassar aveva smarrito la bussola.
La competizione per conquistare la fetta più grande del mercato sembrava sembrava ristretta fra Commodore e Texas Instruments: le due aziende ingaggiarono una feroce battaglia dei prezzi, quella che la stampa definì "Home Computer Wars". Sorprendentemente fu Texas Instruments ad operare il primo ribasso: tagliò il prezzo del TI-99/4A a circa $300 per avvicinarlo a quello del VIC-20, venduto a $250.
All'inizio la strategia funzionò perchè la gente sembrava disposta a spendere qualche decina di dollari in più per avere una macchina di livello superiore.
Home Computer War, la guerra dei prezzi
Nella primavera del 1983 Commodore ruppe l'accordo con i canali distributivi tradizionali, catene come Computerland e MicroAge che avevano contribuito a gettare le basi dell'industria del personal computer, e iniziò a vendere il Commodore 64 sugli scaffali di K-Mart e Toy ‘R' Us, grandi catene distributive che vendevano gli home computer come un qualsiasi elettrodomestico destinato alle masse.
Il prezzo del Commodore 64 scese rapidamente sotto i $400, il VIC-20 attorno ai $150. Nel frattempo Atari rispose con il suo 1200XL, anch'esso dotato di 64Kb di RAM, ma il fatto che gli utenti continuavano a preferirgli il vecchio Atari 800, più espandibile e meno afflitto da problemi, fu un chiaro indice del suo insuccesso.
La "Home Computer Wars" entrò nel vivo quando Texas Instruments cercò nuovamente di reagire al taglio operato da Commodore, fissando il prezzo del TI-99/4A a $150, di fatto in perdita rispetto ai costi di produzione, sperando di guadagnare dalla vendita del software. Commodore, al contario, grazie all'integrazione verticale e producendo in casa tutti i suoi chip con la controllata MOS Technology, era ancora ampiamente in attivo e poteva ulteriormente tagliare il prezzo per l'utente finale.
Il TI-99/4A rimase schiacciato fra il VIC-20 e il Commodore 64 che verso la fine dell'anno erano in vendita nei grossi distributori a prezzi scontati, rispettivamente a $99 e $199.
Paradossalmente, quello che doveva essere un vantaggio per Texas Instruments, il "Solid State Software" su cartuccia si rivelò un boomerang a causa dei più alti costi di produzione. Tramiel si era vendicato, aveva battuto Texas Instruments con le stesse armi con cui il colosso dei semiconduttori lo aveva tagliato fuori dal mercato delle calcolatrici e degli orologi digitali.
Nel 1984, persa la guerra dei prezzi, Texas Instruments fu costretta a battere in ritirata e lasciò la strada spianata a Commodore che conquistò il mercato americano degli home computer. All'epoca Commodore era più grande di Apple, più grande di qualsiasi altra azienda attiva nel settore dei personal computer, con le uniche eccezioni di IBM e Radio Shack, le cui divisioni PC contribuivano solo in minima parte ai ricavi totali.
Il Commodore 64 visse i suoi anni di gloria. Un periodo breve come prodotto di riferimento hardware, ma infinitamente più duraturo sul mercato, un simbolo di un'era che è rimasto nel cuore degli utenti.
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Se ne vuoi sapere di più, ti consiglio la lettura di "Home Computer Wars" scritto da Michael S. Tomczyk, il manager della Commodore che portò al successo il VIC-20.
Un altro libro fondamentale sulla storia dei computer Commodore, che spiega con dovizia di particolari le vicende interne all'azienda è "Commodore: A Company on the Edge" di Brian Bagnall, di cui è disponibile anche una traduzione italiana a cura di Apulia Retrocomputing.